Le parole che non posso dirti

A distanza di quasi sei mesi ho dentro di me sentimenti molto simili a quelli di allora. Non ne parlo per tanti motivi: la paura di rompere le scatole, la tristezza dell’argomento, la paura di non riuscire a trattenere le lacrime e di soffrire per il nodo alla gola che stringe. A volte vorrei evitare di pensarci ma non ci riesco, lo faccio ogni giorno. Ogni giorno c’è qualche rimorso, come l’essermi comportata da adolesente litigando con te quando forse non avrei dovuto esserlo; persino il rimorso di averti mandato a fare in culo quando credevo che lo meritassi; il rimorso di averti detto "ti voglio bene" forse troppe poche volte e di averti preso in giro per via delle "scaloppine assassine" quando volevi soltanto cucinare in compagnia. I pensieri volano inevitabilmente e quotidianamente da te. Il travaglio vissuto con te per non farti sentire solo fino agli ultimi momenti torna davanti ai miei occhi, le immagini di te sofferente mi tormentano e si ripetono, è inammissibile il solo pensiero di averti visto soffrire per qualcosa che nessuno merita. Il fatto è che mi manchi più di quanto tutti possano immaginare; il fatto è che a volte vorrei che mi riprendessi ancora quando litigo con Barbara, vorrei che mi rompessi le palle quando la luce del pc arriva fino alla tua stanza e non ti fa chiudere occhio. Vorrei vederti quando rientro la sera su quel divano appisolato o che rientri dal mercato con in mano le buste della spesa. Vorrei rivederti salutare Giovanni, il tabaccaio, o Yamar, il marocchino di qua sotto. Vorrei vederti sfogliare Il Mattino come facevi prima e verso le 15 fischiare a Cochi per mettergli il guinzaglio e portarlo a fare un giro. Vorrei sentirti fischiettare quando senti le musiche degli spot e strimpellare qualche accordo con la chitarra, magari con me. Vorrei che mi tornassi ad abbracciare come quando attraversavo momenti difficili e che mi portassi in costiera con te dopo un litigio con mamma. Penso a questo tutti i giorni e vorrei non doverlo fare. Sono spuntate fuori delle foto di quando ero piccola, come faccio a non soffermarmi su di te. Guardo i tuoi occhi e non so dirti cosa provo, so solo che sento un vero bruciore al cuore e quel maledetto nodo in gola che mi impedisce di singhiozzare, forse è la consapevolezza che nessuno ti restituirà a me. Ti volgli bene papà.